Gli alimenti, per loro natura, tendono a deteriorarsi. Ci sono vari fattori che possono influenzarne i valori nutrizionali e comprometterne la salubrità e tra questi ricordiamo l’esposizione al sole e/o alla luce, a diverse temperature e l’eventuale presenza di elementi patogeni. Per questo da sempre ci siamo mossi per cercare dei metodi conservativi, naturali e non.
Spesso si ritiene erroneamente che per conservare il cibo a lungo nel tempo si debba ricorrere all’impiego di conservanti chimici, ma così non è. Uno dei metodi più antichi per conservare gli alimenti consiste nella disidratazione, che è anche detta essiccazione.
Ora sicuramente quel che ti stai chiedendo è se c’è differenza tra questi due metodi e la risposta è ni, nel senso che l’essiccazione altro non è che una delle due metodologie attraverso le quali si disidrata un alimento. Carne, pesce, frutta, verdura ed anche cereali possono essere disidratati, possono cioè essere privati dell’acqua che contengono.
La scoperta che eliminando l’acqua gli alimenti si mantengono per un tempo maggiore è stata fatta per caso ed è stata fatta durante in età preistorica. È bastato osservare la reazione di alcuni frutti lasciati al sole per scoprire che erano ancora buoni e per millenni si è tramandata quest’usanza per fare scorte di cibo. A partire poi dal ‘900 si è cominciato ad implementare delle tecnologie moderne per fare la disidratazione degli alimenti.
Essa si basa oggi su due processi differenti, nella già citata essiccazione e nella liofilizzazione. Questi due metodi si differenziano nella percentuale di acqua che lasciano all’interno degli alimenti, quindi nel modo in cui possono essere consumati. Ma si differenziano anche nel processo che li disidrata. Nel caso della liofilizzazione, che è talvolta annoverato con il nome di crioessiccamento, si procede dapprima con un congelamento a parecchi gradi sotto lo 0°.
Per questo si parla di disidratazione per subliminazione. Dopodiché gli alimenti vengono messi sottovuoto così che l’acqua che contengono evapori immediatamente; il passaggio dallo stato solido allo stato di vapore è velocissimo ed ha il vantaggio di non intaccare le sostanze nutritive.
L’alimento liofilizzato si presenta in forma di polvere, contiene circa il 2% di acqua e per poterlo consumare, vale a dire mangiare, occorre reidratarlo, metterlo cioè in acqua. Il risultato? Il cibo acquisisce nuovamente le caratteristiche del prodotto fresco, o comunque molto simili.
L’essiccazione al sole, come abbiamo visto, è una tecnica molto datata che viene fatta ancora oggi ma soprattutto a livello domestico, non industriale. Il motivo di tale scelta è facilmente intuibile, lasciando essiccare i prodotti all’aria si perde il controllo delle sostanze organolettiche, oltre che dell’igiene. Ecco che, sempre all’inizio del secolo scorso, sono stati realizzati degli essiccatoi, cioè delle strutture finalizzate al riscaldamento artificiale ed esclusivo degli alimenti.
Essi trasmettono quindi il calore ai prodotti per poi trasferire all’esterno l’acqua, che rimarrà alla fine in misura del 10-15% massimo. In ultimo, spendiamo due parole circa l’essiccazione industriale per dire che essa può avvenire con 3 metodi diversi: attraverso radiazioni, con il contarlo diretto di una superficie riscaldata oppure con aria calda.