Nel linguaggio giuridico sono molti i termini da dover imparare e ricordare per usarli al momento più opportuno e nelle reali situazioni che lo richiedono. Tra questi spicca sicuramente la locuzione latina De Cuius, utilizzata soprattutto in materia di successione ereditaria.
Come vedremo anche più avanti questa parte del diritto, detto ereditario o successori, è molto complesso e controverso. Nel codice civile confluiscono infatti delle norme che servono a regolamentare nel migliore dei modi tutto ciò che concerne il patrimonio di una persona. Tutte queste norme entrano in vigore nel momento in cui la persona in questione viene a mancare. Quando si parla di successione, o comunque di de cuius, sono sempre molte le parti coinvolte: da un lato il de cuius stesso, dall’altro gli eredi (successori o legittimati, a seconda della situazione specifica) che devono subentrare nel patrimonio.
De cuius, chi è e quando si usa
Chiunque abbia avuto a che fare con un testamento, eredità ed altro del genere, facilmente avrà sentito parlare di De Cuius. Il termine di origine latina, altro non è che una ellissi della locuzione “is de cuius hereditate agitur” il cui significato letterale è proprio “colui della cui eredità si tratta”. Per evitare quindi di utilizzare termini magari di poco tatto come morto o defunto, si usa il termine latino per fare riferimento alla persona venuta a mancare e che ha disposto dei suoi beni nei confronti dei suoi eredi. Sebbene spesso si usi come termine sinonimo “ereditando” i giuristi tendono comunque a preferire la locuzione in esame per parlare del soggetto in questione.
Il mondo giuridico è pieno di termini latini, quindi non è una novità quella del de cuius, inteso come proprietario di beni facenti parte di un’asse ereditaria.
La diversità terminologica fra i vari professionisti
È curioso evidenziare come molti professionisti, ovvero avvocati, notai e magistrati abbiano modi differenti di rivolgersi al soggetto defunto. Se infatti per il notaio, pubblico ufficiale che si occupa prettamente di successioni ereditarie, il termine per antonomasia è de cuius, i colleghi come magistrato ed avvocati preferiscono impiegare il termine “ereditando” (colui da cui si eredita).
Successione mortis causa
Il termine che stiamo analizzando nel dettaglio, si usa soprattutto nel settore delle successioni per causa di morte (anche in questo caso i professionisti del settore usano una locuzione latina, ovvero mortis causa, per indicare lo status, e non l’equivalente italiano). La successione, ricordiamo, altri non è che un istituto giuridico attraverso cui soggetti legittimati dalla legge (ovvero legati al de cuius per parentela) possono avere accesso al patrimonio o ai diritti patrimoniali dell’ereditando, una volta che quest’ultimo viene a mancare.
Non si parla solo di patrimonio nel suo senso stretto, ma anche di tutti i suoi diritti ad esso collegati come abitazione, superficie, uso, usufrutto, enfiteusi, proprietà e così via. Giacche ci troviamo nel discorso andiamo a rammentare le due tipologie di successione mortis causa che possono verificarsi:
- La successione legittima, che si ha quando beni e diritti del de cuius passano alle persone legittimato dalla legge sulla base delle quote previste negli articoli del codice civile. In pratica mancando un atto testamentario è la legge a suddividere il patrimonio tra gli eredi.
- La successione testamentaria si ha invece quando tutto quello che appartiene al defunto passa nel possesso degli eredi perché è il de cuius stesso a decidere, secondo le sue volontà, cosa fare, attraverso il testamento.
Ricordiamo infine che gli eredi, quando entrano nel possesso dei beni e dei diritti del cuius, ereditano anche dei debiti che quest’ultimo aveva contratto in vita. Si fa eccezione a questo concreto laddove si accetti l’eredità con beneficio d’inventario. In questo ultimo caso, si pagano i debiti solo se rientrano nel valore del patrimonio ricevuto.