Il DHT, o Diidrotestosterone, è tra gli ormoni maschili responsabili dell’espletamento di diverse funzioni. Ma è anche considerato la principale causa della calvizie, o, per meglio dire, dell’alopecia androgenetica. Regolarne i livelli, pertanto, è il primo step da compiere per rimediare agli effetti del DHT in eccesso.
Gli alleati più validi? È possibile rintracciarne diversi nell’ambito dell’alimentazione e della nutraceutica. Supporti che, nella maggior parte dei casi, possono affiancare o sostituire eventuali trattamenti farmacologici.
Cos’è il DHT
Si tratta di un ormone metabolita attivo che trae origine dal testosterone. Quest’ultimo, grazie all’intervento dell’enzima 5-alfa reduttasi, viene convertito in DHT. Il Diidrotestosterone è caratteristico degli uomini e viene prodotto nella prostata, nei testicoli, nei follicoli piliferi e, in minima parte, nelle ghiandole surrenali. Determina la formazione dell’apparato riproduttivo maschile nella fase prenatale. Durante la pubertà, partecipa alla maturazione degli organi sessuali e dei caratteri secondari quali barba, peli sul corpo, secrezione sebacea, abbassamento del timbro vocale. In età adulta, incide sulla forza muscolare e sulla libido.
Il DHT, inoltre, modula il rapporto tra grasso e muscoli. E supporta il cervello. Nello specifico, il suo metabolita 3-alfa androstenediolo allevia lo stress, infondendo calma e rilassamento, e agendo direttamente sul neurotrasmettitore GABA, che inibisce gli stimoli eccitatori. Migliora anche i processi di apprendimento e le capacità mnemoniche, stabilizzando il recettore NMDA.
I livelli di Diidrotestosterone, in genere, sono soggetti a variazioni. Se si supera il range che, dai 19 anni in su, si aggira intorno a 112-955 pg/mL, il rischio è quello di imbattersi in effetti collaterali significativi. Quantità carenti di DHT negli adolescenti possono provocare il mancato sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Oppure ridotto desiderio e disfunzioni erettili, riconducibili alla deprivazione androgenica.
Alti parametri di Diidrotestosterone, invece, possono causare la comparsa di acne, ipertrofia prostatica benigna, produzione di sebo superiore alla norma, irsutismo.
Cos’è l’alopecia
Tra i fattori scatenanti alla base dell’alopecia si è soliti annoverare l’eccesso di DHT. In verità, il discorso è molto più complesso.
L’alopecia è la classica caduta di peli in qualsiasi parte del corpo. Può interessare tanto la fase Anagen, con una brusca interruzione della crescita, quanto la fase Telogen, il “riposo”. In quest’ultimo caso, si verifica una perdita pari addirittura a circa 100 capelli al giorno.
Esistono due tipologie di alopecia:
- quella cicatriziale che corrisponde alla distruzione attiva del follicolo pilifero che viene sostituito da tessuto fibroso. Vi sono stati primitivi in cui si assiste all’infiammazione dello stesso follicolo, e manifestazioni secondarie in cui infezioni aspecifiche tendono a danneggiarne la struttura (neoplasie, lupus, sclerodermia, micosi);
- quella non cicatriziale, caratterizzata da processi che rallentano la crescita dei capelli senza intaccare il follicolo. Spesso è un disturbo temporaneo, come nel caso dell’alopecia post gravidica, o innescata da denutrizione e traumi psicofisici.
L’alopecia androgenetica si colloca a pieno titolo tra le forme non cicatriziali. Ma non è solo la quantità di DHT a definirne l’insorgenza. È soprattutto l’eccesso di recettori androgeni e 5-alfa reduttasi nelle zone maschili predisposte a calvizie, così come confermato da uno studio riportato sul Journal of Investigative Dermatology. Il Diidrotestosterone, dunque, funge da messaggero, attivando reazioni genetiche che portano anche alla miniaturizzazione dei bulbi piliferi in specifiche parti del cuoio capelluto.
Testosterone e Diidrotestosterone
Un altro errore che si è soliti commettere riguarda la connessione tra testosterone e perdita dei capelli. La “colpa” dell’alopecia androgenetica non è da imputare agli elevati livelli di testosterone. Si tratta spesso di una questione genetica. Tant’è che la calvizie può colpire anche le donne, che hanno parametri di testosterone decisamente più bassi.
DHT e testosterone, inoltre, non sempre godono di proprietà analoghe. È vero che il DHT è un potente riduttore dell’aromatasi, che converte il testosterone in estradiolo, tra i principali ormoni femminili, responsabile della riduzione di grasso corporeo. Innalzare le quantità di testosterone, senza eccedere, contribuisce, pertanto, al dimagrimento.
Ma è anche vero che il Diidrotestosterone accresce le fibre muscolari bianche, coadiuvando la forza esplosiva. Cosa che il testosterone, da solo, non è in grado di fare. L’ennesimo mito da sfatare, infine, riguarda il mantenimento dell’erezione e del turgore. Il DHT favorisce la vasodilatazione per via dell’Ossido Nitrico e l’arrivo del flusso ematico al pene. È la carenza di Diidrotestosterone, e non di testosterone, quindi, a incoraggiare eventuali deficit erettili. Ma visto che il DHT è un prodotto del testosterone, è necessario che quest’ultimo sia presente in quantità adeguate se lo scopo è assicurare all’organismo il giusto apporto di Diidrotestosterone.
Controllo del DHT con l’alimentazione
Regolare il DHT è possibile mediante l’alimentazione. È bene includere all’interno della propria dieta cibi ricchi di principi attivi capaci di tenerne sotto controllo i parametri e ridurne gli eccessi, sebbene bassi livelli di Diidrotestosterone possano influire sulla performance in termini di calo del desiderio sessuale maschile o addirittura impotenza. Tra tutti, spiccano
- pomodori, fonte di licopene, preferibilmente cotti. Lo stesso si può dire di carote, anguria e mango;
- frutta a guscio come anacardi, nocciole e mandorle, oppure verdure a foglia verde come cavoli e spinaci. Contengono zinco e L-lisina, sostanze in grado di inibire naturalmente il DHT;
- tè verde, antiossidante per eccellenza. Rallenta la conversione del testosterone in Diidrotestosterone. È consigliato optare per tè biologici a foglia intera, senza usare zucchero o altri edulcoranti artificiali.
È opportuno, infatti, limitare l’assunzione di alimenti zuccherati, soprattutto caramelle e biscotti, poiché aumentano l’insorgere di infiammazioni e la produzione di DHT. Attenzione anche ai prodotti processati e confezionati, e al caffè (o bevande analoghe). Troppa caffeina può provocare disidratazione e squilibri ormonali, intaccando anche la crescita dei capelli.
Rimedi Anti-DHT per i capelli
Per prevenire o curare l’alopecia, abbassando il DHT, non basta correggere il proprio regime alimentare. È indicato, all’occorrenza, affidarsi a farmaci o integratori utili alla causa, tenendo conto dei possibili effetti collaterali. Ecco perché è buona pratica rivolgersi a medici o esperti al fine di individuare il percorso più consono da seguire.
Farmaci
Tra i più gettonati, figurano quelli a base di Finasteride, che contrastano la caduta dei capelli, diminuendo le dosi di enzima 5-alfa reduttasi di tipo II, e facendo sì che l’organismo trasformi meno testosterone in DHT. Il Dutasteride, invece, interviene anche sul tipo I, rivelandosi decisamente più efficace. In realtà, entrambi i farmaci inibiscono solo una parte di Diidrotestosterone. Quella restante tende a legarsi ai recettori androgeni. Motivo per il quale, alcuni pazienti non hanno riscontrato evidenti benefici. Per le loro caratteristiche, inoltre, Finasteride e Dutasteride possono provocare disturbi come calo della libido, impotenza, disfunzione erettile, problemi cardiovascolari, depressione.
In alternativa, si possono usare antiandrogeni topici: lozioni da applicare sulle tempie o sul frontale per consolidare, in genere, l’azione degli anti-DHT sulle zone in cui la calvizie è solita manifestarsi.
Erbe e Nutraceutici
Gli integratori a base di estratti naturali, dal canto loro, rappresentano un efficace supporto contro la caduta dei capelli connessa agli eccessi di DHT.
- Prima fra tutti, la Serenoa Repens, proveniente dalle bacche di una palma nana. Ostacola l’azione della 5-alfa reduttasi e dei recettori del Diidrotestosterone. Le dosi consigliate oscillano tra i 90 e i 320 mg al giorno. Da evitare l’assunzione insieme a prodotti a base di ferro, usati soprattutto da chi soffre di alopecia androgenetica, poiché potrebbe bloccarne l’assorbimento e facilitare l’accumulo di complessi insolubili nel sangue.
- Da menzionare anche l’Ajuga Reptans che, grazie al contributo di un flavonoide, il Laumiuside, placa le infiammazioni e modula l’attività del testosterone, inibendo l’enzima 5-alfa reduttasi. Non solo. L’Ajuga è ideale in caso di ipertrofia prostatica benigna, patologie del microcircolo e problemi gastrointestinali.
- L’Ortica, ricca di ferro e acido folico, frena la formazione di DHT. Rimineralizzante, insieme all’Ajuga Reptans, è un toccasana in ambito tricologico. Fa bene anche contro artrite, anemia, diarrea, cistite.
- Il Fillanto, il cosiddetto “spaccapietre”, non solo aiuta in caso di calcoli renali. Per mezzo del suo principio attivo, lo stigmasterolo glucoside, controlla l’azione della 5-alfa reduttasi fino al 50%. Lo stesso si può dire dell’Epilobio, fonte di fitosteroli, tannini e vitamina C. Inibisce la liberazione di prostaglandine, sostanze che, se in eccesso, provocano stati altamente infiammatori.
- Il Rosmarino, infine, è considerato uno dei più efficienti anti-DHT in circolazione. L’olio, in particolare, se applicato topicamente con continuità, rallenta la produzione di DHT.
Le formulazioni impiegate per scongiurare o intervenire sulla caduta dei capelli contengono anche vitamine del gruppo B, capaci di incidere sul metabolismo di alcuni nutrienti e sul rinnovamento cellulare, limitando la comparsa di capelli bianchi; vitamina E che combatte i radicali liberi ed è un cofattore della sintesi di proteine come la cheratina; Bugola, pianta suggerita in caso di alopecia seborroica perché placa prurito e irritazione.