Inaugurata nel 2012, Piazza Gae Aulenti è uno dei luoghi di ritrovo più iconici dell’intera Milano. Simbolo della parte contemporanea, onora col proprio nome una grandissima artista del dopoguerra, battutasi molto anche per i diritti femminili. Partendo proprio da qui, da chi è stata Gae Aulenti, vi raccontiamo la storia italiana e milanese sotto una differente chiave di lettura.
Anzitutto bisogna contestualizzare. Cessato il secondo conflitto bellico, la parità dei sessi era un lontano miraggio. Ne risentiva pure il settore dell’architettura, basato sulla convinzione che fosse appannaggio esclusivamente maschile. Proprio per questo gran parte delle facoltà dedicate negli Stati Uniti respingevano le domande di ammissione femminili. Per trovare la prima vincitrice del Premio Pritzker – spesso menzionato come il Premio Nobel per l’architettura – occorrerà tempo. Addirittura 25 anni dalla sua istituzione nel 1979. Correva infatti il 2004 quando Zaha Hadid infranse lo storico tabù. Eppure, Gae Aulenti riuscì ad avere un impatto straordinario nel nostro Paese e nel mondo. La tenacia, la caparbietà e lo spirito combattivo che la contraddistingueva le permise di fare strada. Tratti fondamentali, specialmente all’epoca, essendosi ritrovata spesso e volentieri a combattere contro i pregiudizi.
Gae Aulenti: sangue friulano
Nata, da una famiglia di origini meridionali, a Palazzolo Dello Stella (Udine) nel 1927Aulenti si trasferì a Milano. La passione provata nei confronti dell’architettura la spinse nel capoluogo lombardo. Ottenuta l’abilitazione professionale nel 1953, cominciò nel 1955 a ricoprire il ruolo di redattrice della rivista Casabella-Continuità. Agli ordini del diretto Ernesto Nathan Rogers seppe mettersi in luce; non per niente proprio Rogers la volle come sua assistente presso il Politecnico di Milano nel 1964. Un incarico già precedentemente affidatole per Giuseppe Samonà, all’Università di Venezia. A parte l’attività di redattrice, proseguita fino al 1965, Gae era operativa nel design. Famosa a tal proposito la lampada Pipistrello, realizzata per lo showroom di Olivetti nel 1965. Nel corso della sua carriera assistette l’avvocato Gianni Agnelli come architetto personale.
Prestigiose commissioni
Negli Anni Ottanta Gae Aulenti si vide conferire il prestigioso compito di restaurare e allestire il Museo Orsay, a Parigi. Il suo innegabile ingegno le fu riconosciuto sulla scena nazionale e internazionale. Nel 1991 ritirò il premio Imperiale, un titolo giapponese attribuito annualmente alle personalità dell’arte e dell’architettura più influenti al mondo. Nel 1994 arrivò la medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte; mentre nel 1996 venne nominata cavaliere di gran croce della Repubblica italiana.
Gae Aulenti era divenuta un’icona. Con il maestro Ernesto Nathan Rogers, nonché i colleghi Aldo Rossi e Vittorio Gregotti confutò i concetti fin lì predicati. Nello specifico diede ampio risalto alla progettazione degli spazi e al contesto e al contesto in cui le opere venivano realizzate; in una interconnessione stretta con il preesistente ambiente urbano.
I principi furono applicati presso edifici altisonanti, quali ad esempio:
- le Scuderie del Quirinale di Roma;
- Palazzo Grassi a Venezia;
- l’aeroporto di Perugia.
- l’Istituto di Cultura Italiana a Tokyo;
- il Museo nazionale di arte catalana a Barcellona.
Contro il razionalismo
Gae era promotrice del cosiddetto stile Neoliberty. Nata in contrapposizione al razionalismo, la corrente si prefiggeva di ritrovare una continuità con la tradizione dello stile Liberty. A una sorta di rilettura dell’Art Nouveau, che ne riprendeva le decorazioni e il gusto per l’ornamento. L’estetica fu messa al primo posto.
Gae Aulenti finì oggetto di critiche spietate. Un approccio figlio dell’impossibilità di catalogarla in canoni prestabiliti. Incurante dei giudizi negativi tirò dritto e, a dispetto della sua breve durata, rimase fedele alla corrente Neoliberty. Nel design industriale gli sforzi compiuti riscossero i giusti elogi. Le intuizioni di Aulenti divennero famose a livello mondiale; fulgido esempio il Tavolo su Ruote, un tavolino da salotto realizzato per Fontana Arte.
Il contributo di Gae servì pure a dare un’identità alle lotte per l’emancipazione di genere. Ormai le donne italiane si erano stancate di essere messe ai confini della società, desideravano trovare ascolto.
Gae Aulenti: dalla parte delle donne
Parlando del problema della carenza di donne celebri riconosciute in ambito architettonico, Aulenti lanciò un appello alle colleghe:
“Ci sono un sacco di altre donne architetto di talento, ma la maggior parte di loro preferisce lavorare con gli uomini. Ho sempre lavorato per me stessa, e questo mi ha insegnato molto. Le donne in architettura non devono pensare di essere una minoranza, perché nel momento in cui lo fai, vieni paralizzato da questo pensiero”.
Scomparsa nel 2012 la piazza a lei dedicata si erge a simbolo della moderna Milano. Da lì è possibile ammirare la città in tutto il suo splendore. Un’esaltazione dell’estetica, di cui Gae ha sempre rivendicato l’importanza nelle sue opere.