Qualora un cittadino non corrisponda imposte, tasse, contributi previdenziali o assistenziali, sanzioni amministrative e penali all’Ente competente matura un debito (alcuni dei quali passano agli eredi!) e per i quali è necessario, il più delle volte, interpellare un avvocato esperto in diritto tributario, che possa far valere le nostre istanze…
Il debito viene iscritto a ruolo, vale a dire che l’ente creditore (Comune, Inps, Agenzia delle Entrate, etc.) lo inserisce in un elenco, poi inviato all’agente della riscossione (con competenza territoriale).
Questi avrà l’onere di notificare il provvedimento.
È dopo tale notifica che fa la sua comparsa la cartella esattoriale.
Essa è tanto un atto amministrativo che ha finalità di riscossione, quanto un titolo esecutivo.
Vale a dire che ha forza immediatamente operativa, per cui si può procedere con azioni esecutive o cautelari del credito senza prima agire prima in giudizio e ottenere una sentenza.
Tra tali azioni esecutive: pignoramento dei beni, ipoteca sugli immobili, fermo amministrativo delle auto o moto.
Tuttavia le azioni di cui sopra NON possono avere luogo se:
- prima non siano trascorsi 60 giorni dalla notifica della citata cartella esattoriale (entro tale termine il cittadino potrà opporre ricorso al giudice competente, cioè per imposte e tasse la Commissione Tributaria, per i contributi il tribunale ordinario sezione lavoro, per le sanzioni amministrative il giudice di pace; se invece il cittadino non fa opposizione, la cartella diventa definitiva e non più contestabile, anche se viziata)
- frattanto sia avvenuta la corresponsione dell’intera somma dovuta
- sia stata presentata richiesta di rateizzo presso l’Ente Riscossore
- ci sia stata sospensione amministrativa o giudiziale.
Affinché una cartella risulti valida deve esplicitare:
- le somme dovute
- gli estremi identificativi del debitore (codice fiscale o partita Iva)
- la data in cui il ruolo diviene esecutivo (vale a dire quando la cartella viene sottoscritta)
- il riferimento al precedente atto di accertamento o, in alternativa, la motivazione.
In mancanza di tali indicazioni la cartella è appunto viziata.
Anche perché, qualora mancasse ad esempio la motivazione, il cittadino sarebbe impossibilitato ad esercitare il proprio diritto di difesa.
Cosa accade se la cartella esattoriale non viene pagata?
Se, trascorsi i 60 giorni di cui sopra, il cittadino non presenta ricorso e nemmeno paga la somma richiesta, ha da mettere in conto che le azioni esecutive di cui detto vengano attivate.
Nella teoria sin da subito. Nella pratica dopo mesi, addirittura anni.
Per cui c’è la speranza che i debiti cadano in prescrizione.
A tal proposito, il termine generale è di 5 anni, eppure:
- cartelle Irpef, Iva, Ires, Irap, canone Rai, imposta di bollo, imposta di registro, imposta ipotecaria, contributi per camera commercio si prescrivono trascorsi 10 anni
- cartelle per multe stradali, sanzioni amministrative, contributi previdenziali Inps, contributi assistenziali Inail, Imu, Tasi, Tari, Tosap vanno in prescrizione dopo 5 anni
- cartelle per bollo auto dopo 3.
Il pignoramento deve necessariamente avvenire entro 1 anno dalla notifica della cartella.
Se dopo questo tempo l’Esattore volesse comunque avviare le azioni esecutive dovrà prima notificare un ulteriore sollecito, la cosiddetta intimazione di pagamento.
Da quel momento al moroso resteranno solo 5 giorni per pagare.
Come difendersi da una cartella esattoriale?
La prima cosa è tentare di “bloccare” la cartella, ossia sospendere la sua efficacia e, quindi, la spada di Damocle del pignoramento.
Ricorrere ad un giudice che alla prima udienza deciderà in merito è una strada, ma non la sola.
Vediamo cos’altro poter fare:
- bloccare Agenzia Entrate Riscossione su segnalazione, da parte del contribuente, di una presunta irregolarità della cartella di pagamento: basta presentare, allo sportello della suddetta Agenzia o tramite il sito, il cosiddetto «modello SL1». Questo obbliga l’esattore ad interrogare l’ente creditore per verificare la regolarità della pretesa di pagamento. Se, trascorsi 220 giorni, il contribuente non riceve risposta, la cartella si considera annullata definitivamente. Attenzione però perché questa procedura:
- va attivata entro 60 giorni dalla notifica della cartella
- funziona solo per determinate (e poche) contestazioni e non per tutte, vale a dire:
- qualora il diritto alla riscossione sia prescritto/decaduto prima della notifica della cartella
- il debito sia stato saldato prima della notifica della cartella
- ci sia stato un alleggerimento da parte del creditore di quanto dovuto dal contestato
- sia stata annullata/sospesa la richiesta di pagamento
- presentare un’istanza in autotutela: un tipo di ricorso che non ha scadenze, può essere spedito (anche con Pec) in qualsiasi momento, e non richiede “forme particolari”, a patto che risultino chiari gli estremi dell’atto e le ragioni della sua nullità. Non sospende in automatico la cartella né obbliga l’amministrazione a rispondere, tuttavia, in caso di errori evidenti, può essere risolutiva. L’istanza va inviata ad Agenzia Entrate Riscossione, all’ente titolare del credito e, per rafforzare la procedura, al Garante del Contribuente. Si procede poi con raccomandata a.r. o con posta certificata. Attenzione però:
- l’eventuale silenzio dell’amministrazione è da considerarsi rigetto dell’istanza
- l’autotutela, come detto, non sospende la cartella che, pertanto, può sempre essere “azionata”, e nemmeno i termini per agire in tribunale.
Altre possibili strategie di difesa
Oltre quelle già citate, esistono altre possibili azioni contro una cartella esattoriale:
- omessa notifica dell’atto prodromico, cioè dell’avviso di pagamento (anche detto atto prodromico appunto perché “viene prima” della cartella)
- eccezione di prescrizione: il contribuente può far annullare la richiesta di pagamento se, per numerosi anni, nessuno si è fatto vivo e non gli sono stati notificati solleciti
· eccezione di decadenza: anche questa si fonda sul mancato rispetto dei termini, ma in questo caso si tratta di quelli massimi che devono decorrere tra l’iscrizione a ruolo del debito e la notifica della prima cartella
· calcolo degli interessi: la cartella è illegittima se, nel richiedere il pagamento dell’imposta o della sanzione insieme agli interessi, indica un’unica somma senza invece distinguerle (vizio di forma)
· mancata motivazione della cartella: cioè priva delle ragioni per le quali bisogna pagare
· mancata firma: il responsabile del procedimento deve essere sempre indicato con nome e cognome.
Poiché non costituisce affatto un’eccezione che le cartelle esattoriali siano nulle per difetti di forma o errori di procedura, abbiamo voluto indicarvi alcuni possibili azioni di difesa.