Il mondo digital è pieno di etichette verbali, si esagera molto con una nomenclatura spesso vuota e ripetitiva.
Se poi ci si mette anche l’inglese, è normale andarsene in tilt.
Sicuramente, la conoscenza di questo cosiddetto “funnel marketing” viene anche richiesta negli annunci di lavoro, per cui è una competenza digital da acquisire.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, uscendo da questo gergo incomprensibile e un po’ autoreferenziale.
Il funnel, così come il concetto di “customer journey” e dei “micro-moments” individuati da Google alludono all’idea di non fare offerte a freddo, ma di “accompagnare” il cliente verso un acquisto più consapevole del proprio prodotto o servizio.
Esempio pratico:
– Una persona sta su Facebook e, tra un post sul corona-virus ed uno di Lercio, nota una pubblicità che gli interessa
– Incuriosita dall’annuncio, clicca e finisce su una pagina web in cui gli viene offerta una risorsa gratuita in cambio della sua email
– Decide di inserire i suoi dati e di ottenere la risorsa promessa e va subito a controllare la sua casella di posta
– Rimane colpita dalla qualità e dall’utilità di questa risorsa e ne rimane piacevolmente sorpresa
– Riceve anche altri contenuti utili nei giorni seguenti, tutti coerenti e/o complementari al tema che gli interessa
– Inizia a fidarsi di questa persona / brand / professionista che gli invia regolarmente dei contenuti utili
– Decide quindi di aderire ad una particolare offerta che gli viene proposta perché percepisce autorevolezza
Fine. Stop. Questo è, in pochissime parole, l’imbuto ovvero il funnel.
Cioè il percorso che una persona fa, prima di acquistare qualcosa da un negozio, consulente, e-commerce, ecc.
Adesso, aldilà delle nomenclature e acronimi strani, spero sia più chiaro e anche immediato applicare la stessa strategia alla propria attività professionale o imprenditoriale.
È chiaro il funnel marketing è il punto di arrivo. Anzi, per essere più precisi, si tratta di una tecnica di vendita e non di una strategia di marketing.
Questo significa che prima occorre differenziarsi in modo netto dalla propria concorrenza, bisogna far percepire la propria unicità rispetto agli altri.
Altrimenti il funnel è inutile.
C’è qualcos’altro che bisogna conoscere assolutamente oggi. Il concetto di funnel è, alla fine, un modello, una tecnica di vendita che a volte funziona, altre volte no.
Questo perché il funnel non si preoccupa di analizzare la domanda. Come al solito, tutti i modelli cercano di semplificare la realtà, ma molto spesso non sono universali.
Insomma, il funnel non è la panacea che risolve tutti i problemi di vendita. Bisogna prima capire se nel proprio caso specifico, la costruzione di un funnel sia la soluzione più giusta.
Esiste un libro che sinceramente non tutti possono permettersi purtroppo. Costa più di 100 euro e si chiama “Breakthrough Advertising”, è in inglese, ed il suo autore è Eugene M. Schwartz. Questo libro è considerato uno dei lavori più importanti della storia riguardo alla comunicazione, la “bibbia” del Copywriting.
Bene, il concetto più importante che emerge da questo libro è il seguente:
“The concept of stages of awareness is simple – different people have a different level of understanding of their own problem and your ability to provide a solution”
Cioè, dobbiamo sforzarci di capire che le persone attraversano diversi stati mentali, diversi livelli di comprensione del proprio problema, e anche delle svariate soluzioni esistenti.
Addirittura, non è infrequente la situazione in cui i propri potenziali clienti non sono neanche a conoscenza di avere un problema, per cui si trovano in uno stato di consapevolezza primordiale.
È chiaro che, per questo tipo di clientela, è completamente inutile spingere verso l’ingresso al proprio funnel, molto semplicemente perché le persone non hanno gli strumenti per capire che la propria offerta è tagliata su misura per le loro esigenze.
Ecco, in conclusione: non “mitizziamo” il funnel e dedichiamoci a costruire la nostra reputazione, nel tempo e senza fretta.